giovedì 8 settembre 2011

Del Piero, l'Araba fenice

Cosa avrebbe potuto fare senza quell'infortunio? E' una domanda che ho sentito fare tante volte in questi anni. Ma è un genere di discorso che non mi affascina. Lo trovo inutile. Non mi piace e non mi è mai piaciuto ragionare con i se. Quel maledetto pomeriggio di Udine in cui il ginocchio fece crack c'è stato, punto e basta. E' vero, era un giocatore meraviglioso prima dell’infortunio. Ma lo è stato ancora di più dopo.
La fase di recupero non fu facile, a livello fisico e mentale. Sembra una cosa da nulla, ma quando sei il giocatore più forte del mondo e ti trovi a fare i conti con un infortunio di quel tipo, beh, non dev'essere semplice. E infatti non fu semplice. Ci sono stati momenti duri e, diciamolo pure, molto duri. Ci sono state tante, troppe critiche. Nessun altro giocatore italiano si è mai trovato a subire un massacro mediatico del genere, almeno nell'ultima generazione. Dopo un paio di gol sbagliati nella finale dell'europeo 2000 gliene dissero di tutti i colori, sembrava la causa di ogni male. No, non era facile tornare. Anzi, il rischio che non tornasse più era concreto.
E invece... E invece è ancora qua. Eh già. Dopo tredici anni da quel maledetto infortunio è ancora qua, a scrivere la storia del calcio. Pronto per la diciannovesima stagione con gli stessi colori di sempre, il bianco e il nero. Dall'esordio al Comunale, al mitico Delle Alpi, passando per l'Olimpico di Torino. Stasera debutterà nel quarto stadio da quando è bianconero, nell'impianto del futuro, uno dei più moderni al mondo e il primo di proprietà della Juventus. Lascerà il suo segno anche nella casa del futuro. Una maglia, quattro stadi. Un record imbattibile. Uno dei suoi tanti record.
Numeri di un campione. Un fuoriclasse, direbbe Marcello Lippi.

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