venerdì 24 maggio 2013

Seedorf e la Curva Sud: genesi di un rapporto difficile

Quando ancora vestiva la maglia rossonera la Curva Sud lo fischiava. Ora che potrebbe allenare il Milan la Curva Sud lo boccia. Cosa c'è dietro l'ostilità degli ultrà verso il fuoriclasse olandese?


Ci sono fatti che non si spiegano, o almeno certe spiegazioni non li chiariscono. Come quella che per anni ho sentito ripetere da illustri opinionisti e giornalisti sportivi, secondo cui Clarence Seedorf veniva fischiato dalla Curva Sud perché era un giocatore troppo lezioso, di quelli che «fanno troppi giochetti e non si sporcano i pantaloncini, che ai tifosi non piacciono». 
Per un amante del calcio i fischi a Seedorf sono in effetti un piccolo mistero. Soprattutto perché arrivavano dai suoi stessi tifosi, quelli a cui l’olandese aveva fatto vincere in un decennio un paio di campionati, un paio di Champions, una Coppa del Mondo per club e qualche altro trofeo, per non farsi mancare niente. Seedorf è stato un pilastro del Milan di Ancelotti, uno che nelle partite importanti aveva sempre l’asso nella manica, uno capace di vincere quattro Champions con tre maglie diverse e di diventare per dieci anni una colonna portante di una squadra vincente. Non un simbolo dei tifosi, visto che la Sud di San Siro lo ha sempre ripagato con bordate di fischi.

Un’ostilità verso l’olandese che oggi torna forte in una forma nuova: non più i fischi ma un comunicato stampa firmato Curva Sud Milano, nel quale si esprime forte contrarietà all’ipotesi che Seedorf possa diventare il prossimo allenatore del Milan: «…dobbiamo ripartire quantomeno dando la squadra in mano a un allenatore affermato e non certo a persone come Seedorf (che non ce ne voglia) o altri che hanno zero esperienza in panchina e arriveranno a prendere in mano una squadra di giovani a un mese dal primo impegno ufficiale e di difficilissima gestione quale il preliminare di Champions League».
Non consideravo convincenti le spiegazioni degli opinionisti secondo cui Seedorf era troppo lezioso per i tifosi, e non considero convincenti le spiegazioni dei tifosi stessi che giustificano la loro bocciatura al “tecnico” Seedorf per la mancanza di esperienza in panchina dell’olandese. Una presa di posizione pubblica così decisa e marcata da parte della Curva Sud ha chiaramente motivazioni più radicate, e quell’espressione “persone come Seedorf” sembra alludere non a caso a qualcosa di diverso, di più profondo, che tocca la persona appunto, e non il calciatore passato o l’allenatore futuro.

Qualcosa che risale probabilmente all’11 novembre 2007, giorno in cui Gabriele Sandri, ultrà della Lazio, fu ucciso in un’area di servizio da uno sparo di un agente di polizia. Seedorf fu l’unico giocatore che si rifiutò di mettere la fascia nera a lutto. Non perché non ritenesse quella morte grave e assurda ma perché non capiva, non sapeva bene che cosa era accaduto. Nel dopo partita spiegò così la sua scelta: «Non sapevo di chi si trattasse. Ho deciso di non associarmi a un fantasma. Anche pensando a situazioni precedenti, come per il fratello di Kaladze, quando Federazione e Lega non hanno fatto niente. Non conoscevo la persona e i fatti. Era giusto spostare le partite di 10 minuti ma dal momento che non c’era chiarezza sulla persona e sugli avvenimenti ho preferito non indossare la fascia».
Seedorf voleva aspettare per capire cosa fosse realmente successo, e così fece. Ma questo ha significato per gli ultrà della Curva Sud un affronto, una presa di posizione forte, un modo per non schierarsi dalla loro parte nell’infinita lotta contro la polizia (l’ultrà Sandri ucciso dall’agente di polizia Spaccarotella è il simbolo tragico della ventennale lotta tra ultrà e polizia).
Una scelta logica quella di Seedorf, ma anche molto coraggiosa. Una scelta che ha scontato con i fischi quando giocava e che ora può fargli perdere la panchina del Milan. Sempre che Berlusconi non porti avanti la sua decisione fino in fondo, senza cedere alle pressioni di ultrà che sono mossi da logiche indipendenti, difficili da interpretare e da capire dall’esterno, sicuramente molto lontane dallo sport.