domenica 4 novembre 2012

Tagliavento e la dimostrazione che è solo invidia

Il primo errore della partita, dopo una manciata di secondi, non è di Tagliavento ma del suo assistente, il guardalinee Preti, che non si accorge dell'evidente fuorigioco di Asamoah. L'azione porta al gol di Vidal. Polemiche. L'errore vero del primo tempo di Tagliavento è invece la mancata espulsione di Lichsteiner per fallo su Palacio. Polemiche a non finire. Comunque due errori pesanti, che hanno condizionato la partita nel primo tempo. Facciamo finta di dimenticare l'errata segnalazione di un fuorigioco a Giovinco, a fine primo tempo, perché chiaramente i media non la considerano. E ciò che i media non considerano non esiste, per definizione.

Dopo 45 minuti ricominciano le solite, ormai scontatissime, considerazioni sulla Juventus e la sua gloriosa storia, fatta di successi e trofei, a quanto pare conquistati in modo dubbio. Considerazioni che possono essere condensate efficacemente nelle dichiarazioni post partita del leader popolare di questo filone di pensiero, Massimo Moratti: «Dopo 17 secondi prima mi sono preoccupato che eravamo partiti male, poi quando ho visto il fuorigioco ho pensato alla solita storia». Tradotto: la Juventus sa vincere solo comprando le partite. Il gol di mano di Adriano, all'epoca giocatore interista, nel derby scudetto contro il Milan, è evidentemente passato e dimenticato dal presidente nerazzurro e dai suoi seguaci. Come è dimenticato che tra i suoi numerosi trofei l'Inter ha anche uno scudetto conquistato con questa classifica: Juventus 91, Milan 88, Inter 76. Non torna? Pazienza. Fatevelo tornare perché ciò che vince l'Inter non si discute, per definizione.

Accade poi che dopo 45 minuti, per regolamento, c'è l'intervallo. L'arbitro se lo ricorda e le squadre vanno negli spogliatoi. Dopo 15 minuti le due squadre tornano regolarmente sul campo. Anche l'arbitro fa altrettanto, torna sul campo e lo fa con le idee molto chiare. Evidentemente negli spogliatoi la terna (anzi ora gli arbitri sono addirittura cinque) ha capito di avere fatto dei pasticci e inizia il secondo tempo determinata a riequilibrare gli errori. Tagliavento incomincia la sua collezione di ammonizioni a giocatori juventini (Pirlo, Bonucci e Chiellini ammoniti ingiustamente), Cambiasso continua a godere di un credito illimitato e commette altri due falli che potevano valere tranquillamente almeno un giallo. Vidal, in un contrappasso che appare dantesco, sconta sulle sue caviglie la colpa di aver segnato un gol viziato da fuorigioco,e quando Juan Jesus lo colpisce in un tentativo di ripartenza con la palla già calciata via dal centrocampista della Juve, Tagliavento decide proprio di non fischiare. Il rigore su Milito è generoso, la trattenuta di Marchisio su Milito c'è ma Milito si lascia cadere. Fosse successo nell'altra area, statene certi, non ci sarebbe stato nessun rigore. Un atteggiamento, quello di Tagliavento, che sa tanto di compensazione dopo i due pesanti errori del primo tempo. Un atteggiamento che dimostra che non c'è niente di premeditato negli errori del primo tempo. Sono errori importanti ma nascono da cattive interpretazioni. Se dietro gli errori arbitrali ci fosse stata la mano lunga della Juventus, come molti sostengono, Tagliavento non sarebbe uscito dagli spogliatoi con l'obiettivo di compensare la situazione. Ogni dietrologia è ingiustificata e fastidiosa. È ora di finirla con certi discorsi.

Ha vinto l'Inter, meritatamente. Le analisi si fermino qui. A fine partita la Juventus ha stretto la mano ai vincitori. Perché chi ha imparato a vincere sul campo, col sudore, accetta anche la sconfitta.

giovedì 1 novembre 2012

Il punto in vista di Juventus-Inter

Juventus. Il campionato 2012/2013 lo vincerà la Juventus, su questo personalmente ho sempre avuto pochissimi dubbi. Ha l'organico migliore, ha una feroce fame di vittoria e il gioco di gran lunga più convincente. Nonostante un'estate bollente per il ridicolo caso Conte, montato ad arte dal sempreverde mondo antijuventino (la Juventus la si ama o la si odia), gli equilibri non sono cambiati. La squadra ha raggiunto una maturità tale che può fare a meno della presenza fisica del proprio allenatore durante le partite: le nove vittorie nelle prime dieci partite stanno lì a testimoniarlo. Poter rinunciare all'allenatore durante le partite non significa che la Juventus possa fare a meno di Conte, unico vero punto fondamentale e insostituibile di questa squadra. Lo sa bene Agnelli, che quest'estate non ci ha pensato un attimo a sostituirlo, nemmeno nel bel mezzo della campagna mediatica antijuventina che non a caso ha messo nell'occhio del ciclone proprio l'allenatore della Juventus, l'uomo più di ogni altro simbolo di una rinascita che non deve essere evidentemente piaciuta a tutti. Piaccia o non piaccia, oggi la società Juventus è un corpo solido e ben amalgamato. La proprietà si è messa da parte, saggiamente verrebbe da dire, lasciando la parte operativa a persone più competenti. Dirigenza e staff tecnico lavorano in totale sintonia e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. La Juventus ha allungato ieri sera a 49 i risultati utili in campionato (-9 dal record storico del Milan di Capello dei primi anni novanta), ha il miglior attacco del torneo (22 gol segnati), la miglior difesa (5 reti al passivo) e ha mandato in gol 12 giocatori finora in dieci turni di campionato. Una superiorità evidente che la pone almeno un gradino sopra a tutte le rivali. Solo gli impegni e le fatiche di Champions potrebbero riaprire i giochi di un campionato, almeno al vertice, già scritto.

Inter. Non credo che sia una forzatura dire che oggi l'Inter è Stramaccioni. Nel finale della scorsa stagione Moratti, in un barlume di lucidità o disperazione, ha scelto di affidare la guida tecnica a un ragazzo di 36 anni, un tipo umile e intelligente, senza nessuna rilevante esperienza da calciatore (e allora? Neanche Sacchi e Mourinho sono stati calciatori) e senza nessuna esperienza da allenatore ad alti livelli (prima di prendere in mano la prima squadra aveva allenato gli Allievi della Roma e la primavera dell'Inter). Ma le idee pagano, e Stramaccioni ne ha molte e molto buone. Ha studiato e si è laureato in Legge discutendo una tesi in diritto commerciale sul tema delle società sportive quotate in Borsa. Da perfetto sconosciuto si è conquistato il rispetto e l'ammirazione di calciatori e campioni che fino a un paio di anni prima rispondevano agli ordini di un certo Mourinho, uno che arrivava alla Pinetina avendo già vinto tutto, e tutto più volte. È saltato dai ragazzini della primavera ai campioni della prima squadra con una naturalezza da predestinato. Ha ereditato un gruppo allo sbando, in una complicata fase fase di rifondazione di una squadra che viveva ancora dei vecchi splendori mourinhiani. Ha indirizzato il mercato estivo, fatto al risparmio (una volta tanto in casa Inter!) ma con logica, seguendo un preciso credo tattico. Dimostrazione che spendere poco non significa spendere male (e viceversa spendere tanto non significa spendere bene, capito Moratti?). E i numeri ora parlano per lui: dopo dieci giornate l'Inter viaggia alla media di 2,4 punti a partita. Con questi numeri nove volte su dieci si vince lo scudetto. Sabato l'Inter verrà a Torino con ambizioni da scudetto. Non so dire come finirà, ma non credo che l'Inter abbia le risorse per tenere questo ritmo fino alla fine. Centrerà probabilmente l'obiettivo Champions, secondo o terzo posto. Qualcosa di impensabile fino a pochi mesi fa, quando la squadra di Moratti viaggiava nelle paludi di metà classifica, senza speranze e senza idee di ricostruzione. Quelle idee le sta portando questo ragazzo. Chapeau, Strama.