domenica 11 dicembre 2011

Tavolo della pace o via di fuga?

Il tanto atteso "tavolo della pace" - come è già stato battezzato, forse prematuramente o forse no, dalla stampa sportiva - si sta avvicinando. L'incontro si terrà mercoledì prossimo ed è stato fortemente voluto dal presidente del Coni, Gianni Petrucci. Su invito del Coni stesso, si siederanno davanti al tavolo i principali protagonisti di Calciopoli: oltre a Petrucci stesso, ci saranno Pagnozzi (segretario generale del Coni), Abete (presidente della Figc), Andrea Agnelli (presidente della Juventus), Moratti (presidente dell'Inter), Diego Della Valle (presidente della Fiorentina), Galliani (amministratore delegato del Milan), De Laurentiis (presidente del Napoli) e Valentini (direttore generale della Figc). Obiettivo del tavolo: trovare un punto d'intesa per superare definitivamente calciopoli. Sono passati più di cinque anni dall'estate 2006, ma le polemiche non accennano a placarsi e il tavolo si è posto la mission impossible di azzerare tutto e far ripartire il sistema. E' scontato dire che le intenzioni sono lodevoli, ma con quali mezzi il Coni pensa di raggiungerle? Il dialogo, le semplici parole possono chiudere questa vicenda così complessa?

Guardiamo il tavolo da una prospettiva particolare, quella del presidente Agnelli. Cosa pensa o spera di ottenere Agnelli il 14 dicembre? Perché ha accettato senza la minima esitazione la proposta del presidente del Coni Petrucci? Quando nell'aprile 2010 Agnelli diventò presidente al posto di Blanc, la Juventus sembrò cambiare drasticamente strategia su calciopoli. Sembrava, anche perché Agnelli lo diceva a chiare lettere, che la Juventus avesse alla fine deciso, con una ritardo di quattro anni, di iniziare a difendere se stessa dalle pesantissime accuse che le furono rivolte nel 2006. Tuttavia, oggi possiamo dire che queste impressioni erano probabilmente sbagliate e che probabilmente quelle di Agnelli erano solo dichiarazioni volutamente ostentate da dare in pasto agli ultras bianconeri, affamati di prendersi le loro rivincite dopo gli anni horribilis post calciopoli. Ci sono in effetti molte cose che non tornano nelle scelte difensive della Juventus di Agnelli.
Prima considerazione. Perché la Juventus ha scaricato Luciano Moggi (ma poi non lo aveva già scaricato?, che bisogno c'era di ribadire il concetto?) con quel comunicato sul proprio sito ufficiale, pubblicato immediatamente dopo la sentenza di primo grado al Processo di Napoli? Aldilà dei buoni propositi - come quello di riavere almeno uno di quei due scudetti - come pensa Andrea Agnelli di raggiungerli se non cercando di risollevare la posizione di Luciano Moggi, principale imputato ed ex dipendente della Juventus? Il processo di secondo grado potrebbe ribaltare la prima sentenza - gli elementi per questo capovolgimento ci sono - ma Moggi avrebbe bisogno di trovare un alleato forte come la Juventus. Ma a quanto pare Agnelli e suo cugino Jaki non hanno alcuna intenzione di schierarsi con l'ex ferroviere di Civitavecchia. Perché?
Seconda considerazione. La stessa scelta di Andrea Agnelli di sedere al tavolo della pace è francamente difficile da capire, se pensiamo che solo qualche settimana fa la Juventus ha chiesto oltre 400 milioni di danni all'Inter e alla Figc per i comportamenti nelle vicende di Calciopoli dal 2006 al 2011. Figc e Inter che saranno ovviamente presenti e protagoniste al tavolo della pace. Non sembrano queste le migliori condizioni per intavolare una trattativa di pace, e neanche per iniziare una tregua. A meno che...

A meno che le parti in causa non siano disposte a cedere davvero qualcosa e a venirsi incontro. Dubito che queste concessioni possano arrivare da Moratti, che è sempre stato molto rigido sulla sua posizione di "uomo perbene", che non deve chiedere scusa a nessuno, perché è lui la vera vittima di tutta questa vicenda. Impossibile immaginare che Moratti sia disposto a restituire lo scudetto di cartone. Stesso discorso per la Figc, che non ha mai ammesso e mai ammetterà - salvo clamorosi sviluppi - che quel processo sportivo dell'estate 2006  fu un processo sommario. Mai ammetterà - direbbe Mughini - che nel 2006 trionfò il bar dello sport.
Molto più probabile che sia lo stesso Agnelli ad addolcire i toni e a spingere per trovare un punto d'intesa. Spesso ci si dimentica che Agnelli è il presidente ma non la proprietà, e che chi decide in fondo è la proprietà, vale a dire chi mette i soldi. Forse tutti i buoni propositi di Agnelli erano solo un bluff, e forse il tavolo della pace è un occasione per venire fuori da questa finzione nel modo meno appariscente possibile. Poco importa se la Juventus uscirà a mani vuote. E' un tavolo della pace ma forse è una via di fuga. Mercoledì sapremo.

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