sabato 17 dicembre 2011

Lo strano destino del tavolo della (non) pace

Calciopoli è una vicenda che fa acqua da tutte le parti e che ha prodotto troppi effetti negativi per poter essere superata con le semplici parole e le buone intenzioni. Soltanto i giudici e i tribunali possono far voltare pagina al calcio italiano. Ma anche dopo le sentenze definitive resteranno a lungo veleni e vecchi rancori.

Alla fine il tavolo della pace è miseramente fallito. Nessuna pace e nessuna tregua, tutto andrà avanti come prima. Come ha ammesso lo stesso presidente del Coni Petrucci: «Passi in avanti non ce ne sono stati: la buona volontà non è stata premiata».
Cosa si siano detti con precisione i nove presenti al tavolo non è dato saperlo. Si sa però - lo ha svelato Ruggiero Palombo sulla Gazzetta dello Sport - che a un certo punto Petrucci ha tirato fuori un documento da far firmare alle parti. Un comunicato che, se firmato, avrebbe rappresentato un passo decisivo in direzione della pace. Secondo Tuttosport la parte più significativa di tale documento recita così: «...Convinti che il fenomeno chiamato Calciopoli - contraddistinto da comportamenti deliberati o solo indotti dal clima di quel periodo e a prescindere dalle sentenze e dalle decisioni sin qui assunte dagli organi competenti - rappresenta nel suo insieme il periodo più oscuro nella storia del calcio italiano considerato che gli stessi organi federali di allora seguirono le logiche condizionate dal momento, adottando in qualche caso provvedimenti che in circostanze diverse e con analisi più complete e approfondite, avrebbero potuto avere forme e contenuti differenti».
Il documento ovviamente non è stato firmato da nessuno ed è diventato carta straccia. Se è infatti vero che tra le righe si può leggere una prima parziale ammissione da parte del Coni degli errori commessi dalla Figc nell'estate 2006, è anche vero che il linguaggio in cui è stato scritto rientra in pieno nel politichese, come non ha mancato di sottolineare il patron della Fiorentina Diego Della Valle. Il quale è stato il più fermo ed intransigente nel voler fare chiarezza su ciò che accadde davvero nell'estate 2006 e nel chiedere una revisione degli eventi per portare a galla la verità. Durante il tavolo avrebbe detto a Petrucci: «Noi vogliamo sapere perché siamo finiti in Calciopoli. Chiuderemo questa storia quando verranno riconosciute le nostre ragioni». E oggi Della Valle è passato dalle parole ai fatti, denunciando l'allora commissario straordinario della Figc Guido Rossi: «Ho conferito mandato ai miei legali di agire, nelle sedi competenti, nei confronti dell'allora Commissario Federale Guido Rossi e di altri per la gestione assunta dagli stessi durante il processo sportivo di Calciopoli celebrato nell'estate 2006. Le azioni legali - si legge nella nota - verranno avviate per censurare i comportamenti assunti dagli stessi nella gestione del processo sportivo». Non c'è dubbio che, almeno in questa fase, la posizione dei Della Valle e della Fiorentina su calciopoli è quella più chiara e coerente.

Restano poi alcune domande su questo tavolo della pace. Cosa ci faceva il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis? Ai tempi di calciopoli il Napoli era in serie C, e la società partenopea non venne neanche sfiorata dallo scandalo. La Stampa riporta che lo stesso De Laurentiis, dopo avere osservato il suo scarso coinvolgimento nel dibattito, si sarebbe lasciato sfuggire la frase: «Ma cosa ci sto a fare io...». Allora perché invitarlo? Perché non far sedere invece al tavolo Guido Rossi, commissario straordinario della Figc durante calciopoli e responsabile di scelte pesantissime, come quella di riassegnare lo scudetto 2005/2006 all'Inter (con la motivazione, ormai diventata una barzelletta alla luce delle nuove intercettazioni, di società simbolo di giustizia e onestà)? In sostanza: con quale criterio il Coni ha scelto gli invitati?
Doveva produrre una pace ma ha finito per produrre nuove domande. Strano destino quello del tavolo della (non) pace.

Nessun commento:

Posta un commento